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10 buone pratiche per mantenere l’orto biologico

Una volta realizzato l’orto e assaporato il primo raccolto è importante capire come continuare il proprio orto biologico. Sempre più spesso, infatti, verrebbe la tentazione di utilizzare scorciatoie chimiche quando i risultati non sono eccezionali. Per evitarlo la prima fondamentale regola è informarsi e capire come funziona l’orto. In questo articolo sono riassunte le 10 principali tecniche per mantenere l’orto biologico non solo il primo anno ma per sempre.

 

Mantenere l’orto biologico: le pratiche

 

La corretta rotazione delle colture

Effettuare la rotazione razionale degli ortaggi aiuta a contrastare quello che viene chiamato “stanchezza del terreno”. Ovvero il calo progressivo delle produzioni e della fertilità del terreno. Questo avviene principalmente quando la stessa coltura viene ripetuta per più anni di seguito sullo stesso appezzamento.

Proprio per ovviare a questo calo di produttività si pratica la rotazione. Le colture sono divise in miglioratrici da rinnovo (come la bietola), miglioratrici pratensi (ad esempio il trifoglio) e sfruttatrici (come il pomodoro). Occorre perciò far seguire alle colture sfruttatrici quelle che migliorano la fertilità del terreno. La famiglia principe è senz’altro quella delle Leguminose, capace di fissare l’azoto atmosferico nel terreno. La presenza di queste piante permette di non effettuare apporti, o in maniera limitata, di concimi azotati per la coltura successiva.

Altra regola è di non coltivare per due anni consecutivi lo stesso ortaggio o ortaggi della stessa famiglia. Perciò, per esempio, sarebbe opportuno non mettere a dimora il pomodoro se l’anno precedente era coltivata la melanzana. Alcune colture richiedono che trascorrano anche diversi anni prima del reimpianto della stessa (ad esempio occorrono cinque e più anni per l’asparago, quattro per la fragola).

L’altra regola da seguire prescrive di non avvicendare colture che sfruttano lo stesso strato di terreno (come patate e carote ad esempio). Questo evita l’accumulo di parassiti animali e vegetali nel terreno e l’assorbimento degli stessi elementi nutritivi.

Un’ultima indicazione per quanto riguarda la rotazione: nella stessa aiuola mettete a dimora prima una coltura ad alte esigenze nutritive (come pomodoro, melanzana, melone, ecc.) e poi un’altra meno esigente (radicchio, lattuga, carota, ecc.).

 

Quale concime organico utilizzare?

L’impiego costante di sostanza organica biologica è molto importante per mantenere la fertilità dell’orto. Ci sono diverse alternative: compost autoprodotto, letame tradizionale di stalla, stallatico disidratato reperibile nei garden center (anche pellettato).

In tutti i casi gli apporti non sono consigliabili per piante poco esigenti e a ciclo breve (valerianella, lattuga, spinacio, ecc.) poichè potrebbero portare ad un eccessivo accumulo di nitrati nelle foglie. La sostanza organica è invece necessaria per le colture esigenti(pomodoro, peperone, melanzana, melone, anguria, zucca, zucchino, ecc.) e a lungo ciclo di coltivazione.

La scelta migliore, se si possiede lo spazio, è quella di autoprodursi il compost. Si parte ad esempio dagli avanzi di cucina, residui vegetali, erba di prato asciutta, fogliame. Questo va interrato solo quando è ben maturo (dopo 8-10 mesi di permanenza nel cumulo del compost) in ragione di almeno 1,2 kg per metro quadrato. Questa quantità consente di compensare le perdite annuali di humus del terreno dell’orto. Una quantità maggiore permette di aumentare l’humus presente e quindi la fertilità. Tuttavia bisogna prestare attenzione a non esagerare e di non superare i 2,5 kg/m2 all’anno di compost.

Se non vi è possibile produrre il compost, meglio orientarsi sul letame. Sovente però è difficile procurarselo data la graduale scomparsa dei piccoli allevamenti bovini. Se è disponibile lo si può adoperare in ragione di 2,5 kg/m2 e non superare i 5 kg/m2. Anche per il letame, come per il compost, è opportuno che sia ben maturo, cioè perfettamente decomposto. Questo si rende necessario per evitare scompensi chimico-fisici nel terreno, non creare scompensi all’attività dei microrganismi e la trasmissione di malattie.

Nel caso di utilizzo di stallatico disidratato va generalmente impiegato in ragione di 0,6 kg/m2 fino a 2 kg/m2. Meglio comunque controllare il retro del sacchetto nel caso vengano consigliate altre dosi per metro quadro. Risulta indispensabile controllare anche che il sacco riporti la dicitura “consentito in agricoltura biologica” o scritte equivalenti.

Un’altra pratica miglioratrice della fertilità del terreno è il sovescio trattato nel prossimo punto.

 

Aumentare la fertilità del suolo con il sovescio

Questa tecnica consiste nel seminare un erbaio nell’aiola per poi trinciarlo ad inizio della fioritura ed interrare lo sfalcio nel terreno. Dopo 2-3 settimane si può già iniziare la coltivazione degli ortaggi senza necessità, o con ridotto uso, di concime. L’interramento va eseguito subito dopo la trinciatura o al massimo entro una giornata e non oltre i 20 cm di profondità.

Il sovescio migliora la fertilità dal punto di vista chimico, biologico e fisico, incrementando la produzione di ortaggi.

 

Un pratica poco conosciuta: la solarizzazione

Attuata in estate, la solarizzazione permette di ridurre i parassiti animali e malattie presenti nel terreno. Questa tecnica consiste nel coprire le aiuole non coltivate con telo plastico trasparente. Il telo viene lasciato per almeno 2 mesi (luglio e agosto). Il continuo riscaldamento con temperature di 40-45°C a 20 centimetri di profondità rende difficile o non consente la vita di molti parassiti e malattie. L’unico svantaggio è di non poter realizzare alcuna coltura nell’aiuola coperta dal telo nel periodo estivo.

 

Utilizzo di varietà resistenti

In molti garden center come il nostro è possibile acquistare varietà resistenti a determinate malattie o parassiti. Queste varietà costituiscono un mezzo di difesa semplice e particolarmente interessante. Sulle bustine di sementi sono riportate le sigle che indicano il grado di resistenza/tolleranza rispetto alle avversità.

 

Le piante innestate

L’innesto è una pratica agronomica largamente utilizzata nella produzione orticola professionale.

Le piantine da orto innestate hanno diverse qualità. Sono maggiormente resistenti ai patogeni del terreno, possiedono maggiore vigoria e resistono meglio alle condizioni climatiche avverse. Tuttavia il maggior inconveniente è dovuto al fatto che non sempre vi è molta possibilità di scelta di varietà.

 

Ridurre le erbe infestanti con la pacciamatura delle aiuole

La pacciamatura è una pratica indispensabile da utilizzare nell’orto. Ha notevoli vantaggi: impedisce alla luce di raggiungere le erbe infestanti, smorza l’azione battente delle gocce d’acqua, riduce l’erosione del vento, riduce le perdite per evaporazione nel terreno.

La scelta in fatto di pacciamatura è nella scelta del materiale. Consigliamo in questo caso l’utilizzo di paglia. Questa ha il pregio di permettere l’infiltrazione dell’acqua piovana, di non scaldare il terreno, di essere biodegradabile e di rendere l’orto più naturale.

In alternativa è consigliato l’uso di teli forati neri fatti con fibre plastiche intrecciate. Questi lasciano dei varchi utili all’infiltrazione dell’acqua piovana senza però lasciar crescere le erbe infestanti. Hanno anche una durata assai lunga e quindi minor manutenzione: in media fino ad una decina d’anni.

 

La consociazione: come attuarla

La consociazione è considerata una pratica oramai fondamentale per un buon orto. Consiste nel coltivare assieme varie piante sullo stesso appezzamento per favorirne una sinergia. Essa però non è priva di difficoltà. Ecco alcune regole da seguire per una buona riuscita:

  • consociare ortaggi a ciclo breve con  ortaggi che occupano più a lungo il terreno;
  • non adoperare piante che appartengono alla stessa famiglia;
  • non consociare ortaggi che sfruttano lo stesso livello di terreno (come cipolla e rapa);
  • quando possibile dare la precedenza a consociazioni che comprendono piante della famiglia delle leguminose;
  • evitare ci consociare piante ad alte esigenze nutritive;
  • non consociare piante da frutto ed ortaggi;
  • non consociare piante che si ombreggiano a vicenda (ad esempio pomodoro e cetriolo).

 

Prevenire le avversità

Nell’orto biologico la lotta alle avversità si basa principalmente sulla prevenzione. Condizioni di crescita ottimali riducono lo stress delle piante ed evitano condizioni favorevoli allo sviluppo delle avversità. Per ridurre al minimo l’esigenza di trattamenti antiparassitari, vediamo quali sono i metodi migliori di prevenzione:

  • corrette distanze fra le fila e lungo le fila delle piante per permettere uno sviluppo ottimale;
  • salvaguardare gli elementi naturali di protezione dell’orto: siepi, arbusti, muretti a secco;
  • irrigazioni alla base della pianta per non bagnare le foglie;
  • impiego di varietà resistenti, come già visto;
  • rispetto delle rotazioni e consociazioni.

Inoltre risulta fondamentale controllare settimanalmente tutte le colture per verificare le condizioni fitosanitarie e procedere con eventuali interventi

 

Attenzione alle irrigazioni

Spesso nei piccoli orti, con buona disponibilità d’acqua, si commette l’errore di usarne troppa. A causa delle irrigazioni eccessive le piante non estendono le radici in profondità. Questo comporta maggiori fenomeni di asfissia per la pianta che è più soggetta a patire carenze idriche. Non va dimenticato, inoltre, che ortaggi troppo irrigati sono meno gustosi, presentando meno vitamine e zuccheri. Infine, irrigazioni eccessive causano una maggiore suscettibilità a patogeni e parassiti.

Una volta che la pianta è germogliata o ha superato lo stress da trapianto è bene fare attenzione alla quantità d’acqua fornita. Oltre ad osservare la vegetazione, è opportuno verificare anche l’umidità del terreno. Il momento di irrigare è poco prima che il terreno sia secco nei primi 15-20 cm.

Il metodo migliore per irrigare è con manichette forate da porre sotto la pacciamatura. E’ assolutamente da evitare, invece, l’irrigazione a pioggia che bagna le foglie, causa di malattie fungine.

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